Il racconto si diparte dalle normali vicissitudini di una famiglia al seguito di un padre militare continuamente sballottato da un aeroporto all’altro fino alle prime avvisaglie della guerra che, con l’entrata dell’Italia nel conflitto mondiale, provocò la chiamata alle armi del fratello maggiore. La partenza era per il fronte greco. Da quei posti egli non fece mancare un’assidua corrispondenza e spesso i suoi scritti erano sorretti da una sincera fiducia sull’esito della guerra. Poi, mentre in Italia la situazione volgeva al dramma con lo sbarco degli americani in Sicilia, di colpo si arrestarono le sue lettere. Non mancano accenni alle vicende vissute dalla famiglia dopo la caduta del fascismo e al successivo armistizio. Di rilievo è la descrizione delle varie fasi di sviluppo delle vicende belliche vissute in prima persona sul fronte di Anzio, in cui vennero a trovarsi dopo lo sbarco degli Alleati. Poi, l’esodo da quella bolgia e lo sfollamento su mezzi di fortuna a Roma dove, oltre la fame e gli stenti, imperversava l’illusione di Roma “città aperta”. È in questa fase che in un rastrellamento dei renitenti alla leva fu catturato il secondo dei fratelli per la deportazione in Germania. Il 3 giugno, nei pressi di piazza dei Re di Roma, la famiglia vide sfilare i tedeschi in ritirata su alcuni su mezzi di fortuna. Il giorno successivo videro entrare gli alleati. Infine, il ritorno alla vita da tempo interrotta. Avvincente il continuo riscontro che - come in un gioco di specchi – si compie tra le esperienze direttamente vissute e il confronto con tutta la successiva pubblicistica puntualmente richiamata.